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Travolgente

La sua poesia travolge tutto e dà pugni nello stomaco.

Gabor Gyukics, poeta e Hungarian Beat Poet Laureate

Messaggi tempestivi e coraggiosi

Serena è una personalità culturale che apprezzo molto. Da quando l’ho conosciuta nella primavera del 2017 non smette mai di stupirmi con la sua traboccante creatività, con la sua militanza per le cause sociali, con la sua amicizia incondizionata, ma soprattutto con il suo ottimismo, in ogni momento, in qualsiasi situazione.

Nelle sue poesie la riconosco esattamente: con la sottile ironia, con la fantasiosa visione poetica o con il tono amaro con cui suggerisce una realtà dolorosa della società in cui viviamo.

 

I suoi messaggi nelle poesie sono straordinariamente tempestivi, prima di tutto, poi coraggiosi. Serena è una voce poetica del suo mondo, una voce che attira l'attenzione (ironicamente, a volte, sottilmente, a volte) sui problemi sociali e politici che dobbiamo affrontare. Ad esempio, la poesia "we're the best\fuck the rest" è davvero una prova di coraggio. La sua è una voce poetica che grida al mondo (non nel deserto!) e il mondo dovrebbe sentire! E al di là di questo atteggiamento militante, c'è una delicatezza e purezza d'animo che commuove il lettore delle sue poesie.

Ani Bradea, poeta e saggista, redattrice di Tribuna, storica rivista culturale rumena

Severo sarcasmo

Serena Piccoli viene a redarguire, con severo sarcasmo, l’umanità per gli errori commessi e ne valida la meritata punizione – in una sorta di girone infernale autoprodotto dal peccato dell’arroganza della specie.

Claudia Zironi, poeta, direttrice artistica, direttrice della fanzine Versante Ripido

Compassione umana

La poesia di Serena è un martello che cerca di battere le lame imperialiste. Il suo raccolto? Compassione umana che attraversa le linee di genere, nazione e classe socioeconomica. Ricorda a tutti che il mondo è nostro, se cresciamo in pace e giustizia. 
Le sue poesie tagliano con arguzia incisiva, ogni verso una lama che separa il grano dallo scarto - la verità dalla feccia che esce dalle bocche dei potenti. Le donne, gli sfruttati, le minoranze etniche perseguitate, quelli colpiti da distruzione ambientale e l’imperialismo.

Queste sono le persone che lei valorizza - queste sono le persone a cui Serena sta a fianco.  

David A. Romero, poet and performer 

Uno schiaffo di luce

La poesia di Serena è uno schiaffo di luce.

La sua scrittura poetica è raffinata, intensa, generosa, attenta al sé, dentro il mondo, quel mondo che lotta per la libera convivenza, che non sopporta moralismi ipocriti, che imbarbarito e ingordo viaggia verso la catastrofe ambientale. Le sue parole con voce sorridente, col sapore di sale marino esaltano la bellezza dei poeti vaganti, provocano una ristoratrice insonnia agli indifferenti, ravvivano lo sguardo che abbiamo quando l’in/canto ci esplode dentro e attorno a noi.

Sandro Sardella, poeta e pittore

Lasciare che suoni la poesia

… silenzio. Lasciare che suoni la poesia e il suo racconto tragico. L’unico imperativo: andare a leggere questa “Serena Piccoli” che piccola non è. Aggiungiamo rotta a rotta mentre il mondo sprofonda; qualcuno saprà pur leggere le stelle e non smettere con la poesia.

Michele Licheri, poeta 

Incisiva presa di posizione

Sugli aspetti bellici si soffermano i versi di We Bombed Serbia (ma sembrano immagini di questi giorni) di Serena Piccoli, che usa qui l’inglese come lingua principale, indirizzando gli elementi stilistici, soprattutto fonici, propri della poesia per trasmettere una più incisiva presa di posizione, caricando di sottile ironia l’indignazione per una politica di distruzione: “another of our great presidents says we live in a garden \ outside is the jungle / so let’s resume / bombing the barbarians / the barbers\the bachelorettes\the baboons / the bits and bobs / the courts\the ports and the poets!” (un altro dei nostri grandi rappresentanti dice che viviamo in un giardino \ fuori c’è la giungla / quindi riprendiamo / a bombardare i barbari / i barbieri\i balordi\i babbuini / cucchi e bacucchi / corti\porti e poeti!).   

Nelvia Di Monte, poeta e redattrice di Poeti del Parco

POESIA CIVILE DI FERMA E ATTENTA DENUNCIA

 

Poesia civile di ferma e attenta denuncia questa di Serena Piccoli, mai scontata o banale, capace di individuare anche nei minimi dettagli della quotidianità – come nei versi “davanti a me sorseggiavano la zuppa con sospetto / col divide et impera in mano” – l’assurdità dei soprusi e delle ingiustizie del mondo.

Francesco De Napoli, poeta

CON IRONIA LASCIA IL SEGNO

Una voce forte quella di Serena Piccoli, che apre gli occhi sulle storture e su dolore del mondo: Angelina, le illusioni perdute, calpestate dal divide et impera dei potenti. Una scrittura che sa, anche con ironia, lasciare il segno graffiare la scorza dell’ indifferenza per dirci umani e liberi. Grazie Serena!

Fabia Ghenzovich, poeta e co-direttrice artistica del Festival di Poesia di Venezia La Palabra en el mundo

PAROLE AUTENTICHE DI POESIA CORAGGIOSA E ARDENTE

La poesia di Serena centra dritto il bersaglio nell’evocare sapori odori e parole della tradizione veneta ormai mondo lontanissimo e nel raccontare senza filtri l’odierna crudeltà della norma, il processo di ottundimento delle coscienze e i fantasmi che s’aggirano per le nostre contrade. Riuscire a raccontare la violenza nascosta del vivere con parole autentiche è la cifra della sua poesia, limpida, disincantata, ma al tempo stesso coraggiosa e ardente.

Lucia Guidorizzi, poeta

I SUOI VERSI CON UN SORRISO

Serena con freschezza tagliente racconta tiene memoria guarda ascolta .. i suoi versi con un sorriso seppelliscono la boria smargiassa del potere ..sono fastidiosi granelli di sabbia .. piccolini .. ma Serena Piccoli con la sua poesia attenta e fine non le manda a dire ..e senza diventare ombelicamente nell’Italietta poetante

Sandro Sardella, poeta e pittore

Continuare a essere, degni di essere vivi 

Ponti di parole tra passato lontano-vicino e presente. Figure e scenari che li incarnano. La nostra identità che chiede di essere costantemente ripensata, ricostruita e rinnovata, per poterne fare un ponte su cui far transitare la nostra vita. Che non è vita se non si interconnette alle molteplicità e complessità passate e presenti. Per fare che? Per continuare semplicemente a essere, degni di essere vivi di fronte alla vita, e non già ombre illusorie di vita, come coloro che si fanno inondare passivamente dal diluvio di cose, violenze, illusioni e menzogne della potente macchina sociale e massmediatica della struttura economico-finanziuaria del capitalismo globalizzato.

Che fare, se non è morta in noi la capacità di articolare una visione altra e un pensiero critico, quali pedane per riaffermare il bisogno di un futuro diverso? Questi versi di Serena Piccoli, si collocano in tale doloroso, duro e resistente bisogno, anche se come dice nella sua nota di poetica “Davanti a tutto questo non ci sono parole…Siamo condannati solo a ripetere” noiose lamentazioni, o “dobbiamo avere parole, nostre parole – almeno quelle! – per comunicare e prendere coscienza, senza la quale si eternizzano le barbarie del presente e non è possibile immaginare quel futuro che non vuole rimanere patetica utopia.

Serena Piccoli, partendo dalla vita di Angelina, eroina dell’epica ignota del reliquiario del poco, dei milioni sopravvissuti alla fame con “poenta… e toco de sgombro”, o simili. È una immagine rievocata con efficacia, accentuata da opportuni inserti di lengua padoana, che ci immerge in un orizzonte veneto, specifico e simile a molte altre aree della società contadina del secolo scorso.

Ma questo squarcio di memoria, rievocato con una affettività partecipe di chi ne è stato testimone, non ha alcun lucore nostalgico. Serve però a far brillare la dignità del personaggio, rispetto alle miserie umane che le armate delle magnifiche sorti e progressive del presente producono come danni collaterali, ignorate dall’orchestra imponente dei mass-media.

Serena, ricorda le illusioni di Angelina, “Abbiamo tanto lavorato/ Abbiamo tanto pianto/ Adesso sventolano giorni sereni/ dopo che la povertà mi ha sfidata”, cui contrappone il sarcasmo della sua nuova coscienza: “Mi hanno fatto vivere in un’adorabile illusione, mentre veniva ancora e ancora rinnovata “la zuppa…col divide et impera in mano”, e spacciati gli evviva de “Il potente fa la lotta al male/ il potente fa la lotta per il bene/ viva il potente viva il potente”.

Un potente che non sopporta chi dice la verità, come “ha fatto Assange…che tengono vivo e morto come il gatto di Schrödinger”: “siamo i loro intralci/ pavimenti sollevati da radici”. “Aperti orecchi e occhi”, non facciamoci ridurre a “fantasmi delle pulci” dell’inferno contemporaneo, dai suoi cantori, che urlano dal palco “vince la lotta”, ma sordomuti poi se “perde il popolo”.

Adam Vaccaro, poeta e co-fondatore di Milanocosa 

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